Quando accade che un bambino, una ragazza, un immigrato, senta di vivere in uno spazio pubblico che è il suo? Questa è una domanda particolarmente importante quando si considerano quei luoghi che danno significato e conoscenza alla comunità: musei, edifici storici, monumenti. Quando i giovani e i nuovi cittadini sentono, visitando un museo archeologico, che questo luogo pubblico racchiude una rete di significati che va oltre la semplice funzione del luogo stesso?
Questo è il punto di partenza di Hi-Storia, un progetto che ha coinvolto attualmente quasi un centinaio di scuole pubbliche, gruppi di insegnanti e associazioni di formazione permanente in Italia e nel sud della Francia.
Hi-Storia è un progetto di design digitale partecipato e diffuso, attualmente incentrato sulla conoscenza e sulla consapevolezza del patrimonio culturale territoriale.
Hi-Storia è strutturato come un’attività didattica che segue la metodologia del service learning. Durante i laboratori didattici, gli studenti creano installazioni tattili interattive costituite da sculture digitali stampate in 3D che rappresentano edifici storici o altri beni culturali della città in cui si trova la scuola.
La superficie è dotata di sensori tattili che attivano contenuti multimediali con un semplice tocco delle dita. Anche i contenuti multimediali, che raccontano l’architettura e la storia dei luoghi coinvolti, sono progettati e realizzati nel corso dei laboratori. Le installazioni sono progettate per l’accessibilità, essendo rivolte anche a un pubblico di non vedenti e ipovedenti.
Le attività hanno coinvolto principalmente studenti della scuola secondaria. In alcuni gruppi, i partecipanti erano insegnanti di altre scuole, che hanno sviluppato competenze per poter attuare il progetto con i loro studenti. In altri, pensionati e professionisti. Attualmente sono stati realizzati 54 dispositivi che sono conservati in vari luoghi pubblici come musei, biblioteche, edifici storici e anche nelle scuole stesse.
Dal punto di vista educativo, Hi-Storia mira allo sviluppo di competenze digitali e alla conoscenza del patrimonio culturale locale, in un percorso di umanesimo digitale.
Se l’acquisizione di competenze digitali è giustificata dal fatto di vivere in un’epoca di cambiamenti tecnologici, perché concentrarsi tanto sulla conoscenza del territorio urbano e della sua storia?
Perché proprio la storia dell’arte, dell’architettura e dell’urbanistica?
La storia è spesso utilizzata in modo semplicistico per la ricerca di identità territoriali più o meno esistenti. Il progetto mira invece a sviluppare una vera e propria storia dell’arte militante, che si impegni in un dialogo significativo con il territorio e le comunità. Con gli strumenti della storia dell’arte si possono analizzare e proporre alla cittadinanza nuovi concetti di partecipazione e comunicazione nella società contemporanea. Combinando questi strumenti con quelli tipici dell’inclusione universale, al fine di amplificare le loro pratiche e raggiungere tutti. La storia delle arti visive è la dimensione più accessibile della storia.
I luoghi che la storia dell’arte identifica come patrimonio culturale sono spazi pubblici che hanno un ruolo importante nello sviluppo della coesione sociale e nella costruzione della cittadinanza.
Perché utilizzare il patrimonio culturale come agente catalizzatore della rigenerazione e non altri luoghi pubblici e a-storici? Con il patrimonio culturale dovrebbe essere possibile indagare, amplificare, criticare e innovare il concetto di identità territoriale. Contrariamente all’idea di distruggere i monumenti, l’idea è di valorizzarli e rielaborarli per conoscere la storia che trasmettono, in tutta la sua complessità. Un antidoto all’eccezionalismo che spesso viene giustificato con i fatti storici.
La città si racconta attraverso le sue architetture e i suoi spazi, attraverso le trasformazioni in atto o sedimentate, attraverso i suoi abitanti e le sue differenze. Promuovere la cultura urbana e architettonica all’interno delle attività didattiche permette di costruire percorsi di conoscenza per formare cittadini consapevoli, capaci di apprezzare e prendersi cura dei luoghi in cui vivono.
Con la metodologia proposta da Hi-Storia, la comunità di apprendimento si prende cura e si appropria del patrimonio culturale del proprio territorio. Un’appropriazione non coercitiva, che avviene attraverso il dono: gli studenti offrono parte del loro tempo, le scuole tempo e risorse economiche per sviluppare il progetto.
Il concetto di dono è centrale anche per il team di Hi-Storia: invece di brevettare il dispositivo e produrlo su commissione, il codice e l’hardware vengono rilasciati con licenze aperte, facilitando la scalabilità e la libera riapplicazione del progetto da parte di altri soggetti o in altri contesti. Un approccio aperto che favorisce la creatività e la collaborazione e democratizza gli strumenti digitali abbattendo le barriere all’ingresso.
Dall’altro lato, c’è il dono della comunità che gestisce e anima i luoghi pubblici di identità coinvolti: direttori di musei, curatori, membri di organizzazioni culturali che si affidano a giovani cittadini per la divulgazione dei luoghi pubblici storici di cui sono responsabili. Nella consapevolezza che un’opera realizzata durante un’attività di service learning avrà un grado di semplificazione maggiore rispetto a un’opera commissionata a professionisti.
Ma in un’epoca in cui un’AI può produrre un testo informativo in pochi secondi, può essere un valore aggiunto affidare la divulgazione del patrimonio urbano a giovani e nuovi cittadini. Alcuni studenti hanno raccontato questi edifici pubblici collegandoli alle loro esperienze quotidiane, a fatti noti solo agli abitanti del quartiere. Un immigrato racconta i parallelismi con il patrimonio culturale urbano che ha vissuto nella sua terra d’origine. Il progetto diventa inaspettatamente un modo per ripensare la diffusione e la conoscenza del territorio. E ripensare il modo in cui il territorio viene comunicato è uno degli aspetti che permette di ripensare anche la città e il suo patrimonio culturale.